Ormai da qualche mese si sente parlare spesso del così detto sharenting1: la condivisione sui social di immagini e informazioni dei propri figli minori da parte di mamme e papà. Si tratta di una pratica diffusa, che ha ripercussioni gravi anche sul piano legale. Per questo abbiamo deciso di parlarne in un articolo scritto a più mani, con il prezioso contributo delle colleghe Federica Maccario e Chiara Gatto, che da poco è diventata partner del nostro Studio Legale DFM.
Per dare una prima idea di quali possano essere le conseguenze e i rischi dello sharenting, condividiamo un video che ci sembra molto efficace.
Quali sono gli aspetti problematici dello sharenting?
Riteniamo fondamentale che i genitori capiscano che pubblicare le foto o i video dei figli minorenni sui propri profili social è pericoloso e ingiusto.
È pericoloso perché così facendo vengono immesse sul web informazioni sulla vita quotidiana dei bambini e delle bambine, che possono essere utilizzate da malintenzionati. Dalle immagini, infatti, è possibile ricavare informazioni significative: quale scuola frequenta il minore, in quale parco giochi trascorre il pomeriggio, quale sport pratica, etc.
Meno che mai vanno pubblicate immagini di bambini o bambine nude, anche solo parzialmente. Che uso potrebbe essere fatto di queste foto su siti pedopornografici? Inoltre, il video che abbiamo condiviso mette ben in evidenza come – attraverso strumenti di intelligenza artificiale manovrati da criminali – oggi sia possibile manipolare l’immagine e la voce2 in modo inquietante.
Come se non fosse abbastanza, oltre che pericoloso è anche ingiusto, prima di tutto dal punto di vista etico. Questo perché l’immagine dei nostri figli non è nostra, appartiene a loro. Lo sharenting è un’attività solo apparentemente innocua. Di fatto, significa gravare i figli minori di un’identità digitale fin dall’infanzia, un’identità a cui non contribuiscono in modo consapevole. E se, una volta cresciuti, non gradissero avere in circolazione le foto che li ritraggono neonati col pannolino? Le mamme e i papà che si pongono questo genere di problemi sono ancora troppo pochi.
Qualcuno potrebbe obiettare che bambini e adolescenti, appena entrano in possesso di uno smartphone, si attivano in prima persona per pubblicare e diffondere le proprie immagini personali. Tuttavia loro non hanno né la maturità né le competenze per rendersi conto dei rischi gravi a cui si espongono. E non hanno neppure la consapevolezza dei reati in cui possono incorrere, come responsabili o come vittime, con un uso scorretto della tecnologia: dalla diffamazione al cyberbullismo, fino al revenge porn. Tutto questo in un’età estremamente delicata per la loro crescita.
Sarebbe auspicabile che i genitori per primi smettessero di pubblicare in modo sistematico le immagini dei propri bambini e bambine. Questo permetterebbe loro di elaborare un modello alternativo rispetto a quello che si sta pericolosamente diffondendo, acquisire sicurezza nelle proprie scelte e comprendere il significato del termine “riservatezza”.
I risvolti legali dello sharenting
Come avvocati non possiamo che ricordare come, in alcuni casi, il problema stia emergendo anche dal punto di vista strettamente legale. Sono sempre più frequenti i casi dei figli che decidono di prendere provvedimenti. Come l’episodio della teenager austriaca che ha fatto causa ai genitori per aver postato le sue foto sui social3. Ma soprattutto sono sempre di più i procedimenti di separazione e di divorzio in cui i genitori litigano sulla gestione dell’immagine dei figli sul web.
Cosa fare nel caso in cui un genitore condivida immagini dei figli contro il parere dell’altro genitore?
Secondo recenti provvedimenti dei Tribunali, il genitore contrario alla pubblicazione di immagini dei propri figli può proporre ricorso cautelare ai sensi dell’art. 700 c.p.c. nei confronti dell’altro genitore, il quale – malgrado il diniego del coniuge – diffonda immagini dei figli sui propri profili social. L’obiettivo auspicato è ottenere un provvedimento inibitorio di questa condotta e la rimozione dei contenuti già pubblicati.
Ad esempio, secondo il Tribunale di Mantova: «L’inserimento delle foto dei figli minori sui social network, nonostante l’opposizione di uno dei genitori, integra violazione dell’art. 10 c.c., che vieta la pubblicazione di foto e immagini senza il consenso dell’avente diritto, degli artt. 4, 7, 8 e 145 del D.Lgs. n. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali), riguardante la tutela della riservatezza dei dati personali, degli artt. 1 e 16, comma 1 della Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo (Conv. NY 20.11.1989, ratificata dall’Italia con L. 27 maggio 1991, n. 176) e dell’art. 8 del Reg. UE n. 679/2016»4.
Approfondimenti e conclusioni
Se desideri approfondire la questione, ti segnaliamo anche il commento di Rick DuFer uscito nella rubrica Daily Cogito5. Gli approfondimenti di DuFer sono sempre acuti e interessanti e spesso toccano temi di nostra competenza: avevamo già condiviso il video sul “Fair use” a cui io stesso ho partecipato.
In conclusione, ci preme fare un vero e proprio appello a tutti i genitori.
Se sei una mamma o un papà, non pubblicare le foto dei tuoi figli minorenni sul web.
Fabrizio de Francesco
Federica Maccario
Chiara Gatto